Biennale di Venezia
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Biennale di Venezia 2019

La 58. Esposizione Internazionale d’Arte, intitolata May You Live In Interesting Times (Biennale di Venezia 2019), si terrà dall’11 maggio al 24 novembre 2019 (pre-apertura 8, 9, 10 maggio).

Biennale di Venezia 2019

BIENNALE DI VENEZIA 2019: IL TITOLO DI QUESTA EDIZIONE…May you live in interesting times 

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Mancano pochi giorni all’avvio della 58esima Biennale Arte di Venezia, una mostra diretta da Ralph Rugoff.

All’insegna dell’ambiguità e della confusione, che rischia di essere una delle edizioni più interessanti di questo primo ventennio del XXI secolo, come annunciato dal suo titolo, per la prima volta espresso in forma dubitativa e non affermativa. May you live in interesting times 

Il titolo è un’espressione della lingua inglese a lungo erroneamente attribuita a un’antica maledizione cinese, che evoca periodi di incertezza, crisi e disordini; “tempi interessanti” appunto, come quelli che stiamo vivendo.

ORGANIZZAZIONE

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Riunisce 79 artisti invitati dal direttore americano Ralph Rugoff, attuale direttore della Hayward Gallery a Londra. Stimato dagli addetti ai lavori e vicino agli artisti, ai quali ha chiesto per la prima volta di presentare due lavori diversi, uno per i Giardini (Proposta A) e l’altro per l’Arsenale (Proposta B).

Viviamo in un’epoca dove ogni cosa è veramente connessa, e la complessità regna sovrana” ‒ ha dichiarato Rugoff – “per questo non sono interessato a opere legate a un unico punto di vista, bensì capaci di porre al pubblico delle domande sul tempo delle fake news, dove molte scelte politiche importanti vengono operate sull’onda dell’emotività e non della ragione”.

Per tale motivo la sua Biennale ha alcune   caratteristiche particolari: sono più donne che uomini, sono solo artisti viventi e la maggior parte di loro viene dall’America e dall’Asia. “C’è bisogno di opere che abbiano diverse chiavi di lettura perché possano entrare in contatto con il grande pubblico”, aggiunge Rugoff. “Ciò che rende l’arte speciale è il fatto che resiste a qualsiasi chiusura mentale”.

Sculture e installazioni, principalmente realizzate attraverso la tecnica dell’assemblaggio, sono le protagoniste di quest’edizione, pur se declinate in maniere differenti.
L’attenzione a un’estetica minimalista, che strizza l’occhio al design ma anche all’arte concettuale degli Anni Settanta. Non mancano artisti direttamente interessati a tematiche sociali e politiche, che denunciano e sottolineano problematiche legate alla violenza, allo sfruttamento .

COME L’ARTE ANCHE LA CUCINA E’ CONCETTUALE

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Come nell’arte, anche la cucina ha sempre piu’ un’attenzione all’estetica al design fino a diventare una cucina concettuale cercando  di ricostruire corrispondenze gustative dopo aver azzerato quelle tradizionali e per fare ciò lavora decisamente sugli elementi fondanti della cucina, annullando gli aspetti prevedibili (quelli appunto relativi alle tradizioni) e ricostruendo significati, in questo modo rimettendo in gioco il piano dell’espressione. 

LE FINALITA’ ANCHE PER LE PROPOSTE PIU’ INNOVATIVE

Tra i modi di creare nuove corrispondenze rimettendo in discussione sistemi :

– la creazione di relazioni nuove tra elementi sensibili (ingredienti, cotture, forme iconiche); 

– la creazione di relazioni tra elementi culturalmente differenti (mescolare ingredienti o preparazioni appartenenti a diverse tradizioni culinarie, per esempio la cosiddetta cucina «fusion»); 

– lavorare su rielaborazioni parziali di forme fissate (per esempio il raviolo aperto di Gualtiero Marchesi). 

In realtà i piatti della cucina concettuale possiedono al loro interno anche una dimensione narrativa più complessa di quella della cucina tradizionale,

La cucina concettuale individua snodi narrativi relativi al rapporto piatto-oggetto e soggetto-degustatore, step previsti dalla struttura del piatto in cui per esempio la fruizione di una salsa ad accompagnare un ingrediente del piatto è fondamentale in apertura della degustazione.

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Per fare un esempio usiamo la cucina di Ferran Adrià dove la presentazione visiva e tattile del piatto insieme alla sua denominazione verbale (che è qualcosa di più di un semplice «titolo», ma assurge al ruolo di guida all’approccio sensoriale) predispongono a un certo tipo di aspettative che vengono spesso sovvertite dalla performance gustativa.

Pensiamo alla tortilla, piatto tipico della cucina spagnola, descostruita e riassemblata in un bicchiere: nella cucina concettuale si può fingere, si possono creare finti ingredienti che servono a costruire percorsi interpretativi ingannevoli per il degustatore e i suoi sensi (per esempio, la vista vede un tipo di preparazione o di ingrediente, ma il gusto si predispone a provare altre sensazioni). 

Quando arte e cibo parlano la stessa lingua…

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